Music is the Best Friend of the Brain: Le Neuroscienze Cognitive della Musica
Musica ed emozioni
Le emozioni sono esperienze soggettive complesse a più componenti che inducono una prontezza ad agire. Svolgono una funzione adattativa perché costituiscono una risposta immediata ad una sollecitazione ambientale. Sono costituite da più componenti: componente cognitiva, attivazione fisiologica, componente espressiva e l’esperienza soggettiva.
Il ruolo della musica nell’attivazione emotiva
Nel considerare la relazione fra musica ed emozioni è necessario adottare un approccio che tenga conto dell’evoluzione temporale della musica, cosa che comporta modifiche continue nello stato emotivo di chi ascolta.
Alcune ricerche hanno mostrato come l’identificazione della connotazione emozionale di un brano avviene in tempi brevissimi, inferiori al secondo. Questo non implica che il brano ci trasmetta tutte le emozioni in meno di un secondo, ma che la sua connotazione emozionale è spesso presente fin dal principio del brano.
Sono diversi gli aspetti della musica che ci portano a sentire un’emozione, uno di questi è la struttura del brano musicale. Esiste infatti una relazione tra l’intensità e la qualità delle emozioni provate e la struttura del brano musicale.
Fra i diversi fattori strutturali che giocano un ruolo nell’espressione dell’emozione in musica, il tempo sembra avere un ruolo privilegiato. Non a caso alcune delle indicazioni usate dai compositori per segnalare a che tempo una determinata opera debba essere eseguita hanno una connotazione emozionale (vivace, allegro, ecc.).
Il tempo veloce fa variare notevolmente la dimensione dell’arousal, definibile anche come una sorta di attivazione generalizzata: un tempo veloce favorisce un aumento dello stato di eccitabilità.
Le risposte fisiologiche agli stimoli musicali
Una risposta al perché la musica abbia un così alto impatto emotivo potrebbe arrivare dagli studi sugli effetti fisiologici dell’ascolto della musica. Diversi studi hanno mostrato come la frequenza cardiaca possa essere modificata dall’ascolto musicale. Musiche rapide tendono ad aumentare la frequenza cardiaca, musiche tristi a ridurla.
Infine, studi recenti, hanno messo in luce un effetto importante della musica nella riduzione della secrezione del cortisolo, ormone legato allo stress.
Questi studi quindi ci mostrano quanto la musica sia un canale importante nel modificare il funzionamento del SNA. Le modificazioni del SNA influiscono in modo importante sul nostro modo di sentire le emozioni. Il cervello elabora le informazioni periferiche del SNA e interpreta i diversi cambiamenti alimentando in tal modo il circuito emozionale.
Quindi se la musica è un canale preferenziale nella modifica del funzionamento del SNA, questo la mette in una condizione di privilegio per quanto riguarda l’induzione di emozioni.
La musica ci rende “più’ intelligenti”?
Quando ci si interessa ai possibili effetti delle lezioni di musica, in ambiti non musicali, troviamo un cospicuo numero di ricerche che mostrano un vantaggio generalizzato.
Alcuni studi si sono interessati alla correlazione tra abilità musicale e altri tipi di abilità non musicali.
Uno studio che merita di essere considerato in questo settore è quello di Schellenberg (2004). In questa ricerca una serie di test d’intelligenza sono stati somministrati a 144 bambini di 6 anni, e sono stati successivamente divisi in più gruppi a seconda dell’attività svolta. Le attività consistevano nel seguire per 36 mesi lezioni o di piano, o di canto o di teatro. Vi era inoltre il gruppo di controllo che non ha svolto nessuna attività musicale.
Alla fine di questo periodo i test sono stati somministrati nuovamente, ovviamente tutti sono migliorati poiché nel frattempo i bambini sono maturati, ma coloro che hanno seguito corsi di musica (piano e canto) sono migliorati maggiormente rispetto al gruppo che ha seguito corsi di teatro e al gruppo che non ha svolto attività musicali.
Le spiegazioni possono essere differenti: una possibilità è che i corsi di musica (canto e piano) sviluppino abilità quali attenzione selettiva, concentrazione e memorizzazione.
La musicoterapia
Gli studi fin qui descritti possono trovare applicazione nell’ambito della musicoterapia, una nuova disciplina emergente che riscuote sempre più’ successo.
La pratica musicale sembra poter modificare, entro certi limiti, le connessioni cerebrali e migliorare anche alcune capacità non musicali.
Lo studio della musica permette di sviluppare funzioni quali: memoria, attenzione e coordinazione motoria.
Queste sono buone ragioni per pensare che la musica possa essere utilizzata in ambito terapeutico in diversi ambiti, quali: disturbi dell’apprendimento, disturbi attentivi e riabilitazione di alcuni tipi di deficit uditivi centrali.
Dott.ssa Ilaria Daniotti
Psicologa
Ambito neuropsicologico e della riabilitazione cognitiva
daniotti.ilaria@gmail.com